Trovo spunto
in questa vecchia foto degli Anni Sessanta per augurare a tutti un
buon Natale di pace, di giustizia, di bellezza, di tradizione. Sono
in una stanza di casa mia con un piccolo abete, qualche regalo; ho in
testa il cappello con la G, non di Giampiero ma di Gianni Morandi a
cui ero molto affezionato, e sto montando il mio presepio.
Non molti
personaggi, comprati al mercato, da Beppe sotto Palazzo Scaffai o
dalla Fernida alla Costa, poco borraccino, raccolto nel bosco del
Pucci, e nessuna lucina: niente a che vedere con i presepi che si
fanno oggi, vere e proprie opere d'arte, capaci di suscitare emozione
ed ammirazione.
Devo però
dire che fra le cose che più hanno accompagnato la mia infanzia le
immagini di questa semplice sacra rappresentazione costituiscono
sicuramente una delle cose più care.
Al di là di
ogni retorica o di ogni strumentalizzazione l'immagine del presepe
rappresenta un simbolo semplice del legame fra Dio, la Terra e
l'umanità: il simbolo più facile per capire quei valori di pace, di
serenità, di amore, di accoglienza da sempre alla base di ogni
civiltà.
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