Il mese di
agosto è caratterizzato da una serie di appuntamenti istituzionali,
ai quali il nostro comune partecipa con convinzione, che ricordano
momenti drammatici della nostra storia recente. Il 4 di agosto
abbiamo festeggiato la liberazione di Lastra a Signa, il prossimo 4
settembre verrà invece ricordata la liberazione di Signa; nel mezzo
la memoria di avvenimenti più tragici, legati ad un agosto che ha
visto il nostro territorio subire oltre un mese di prima linea nel
fronte dell'Arno. Oltre alle vittime dei bombardamenti e degli stenti
causati dalla guerra gli abitanti di Signa hanno dovuto subire
violenze, assassinii, esecuzioni sommarie da parte di un esercito
tedesco ormai in ritirata. I nomi dei numerosi civili uccisi dai
Tedeschi a Signa si aggiungono a quelli dei tredici martiri di San
Piero a Ponti e a quello di Gianni Cabrini. Su Gianni Cabrini è
necessario oggi spendere qualche parola in più perché, al di là
del suo nome inciso all'interno della Cappella dei Caduti del
Cimitero Monumentale di San Miniato e di qualche breve racconto in
pubblicazioni storiche locali, il suo sacrificio sembra essere dai
più dimenticato. Per adesso cito soltanto le parole scritte dal
sindaco di Signa Vasco Nesti, in risposta ad una circolare della
questura di Firenze del 14 settembre 1944, ma più avanti, in
occasione del prossimo settantesimo della sua esecuzione, spero di
arrivare alla pubblicazione di documenti più precisi intorno a
questa terribile vicenda.
“ … Raccapricciante
la fucilazione del proprietario della Fattoria di Castelletti Gianni
Cabrini avvenuta il giorno 5 agosto decorso. La Villa del predetto
era stata requisita dal comando germanico. Prima di abbandonarla per
la pressione delle forze alleate il Cabrini reo soltanto di aver
fatto delle rimostranze per i continui soprusi e vessazioni alle
persone e alle cose, venne fucilato in presenza dei congiunti ed
obbligato il fratello Cabrini Emilio a scavare la fossa che doveva
servire per il suo seppellimento. Il fratello superstite venne
catturato e deportato.”
Talvolta le
celebrazioni tese a mantenere viva la memoria di una nostra storia
recente vengono tacciate, da più parti, di essere immagini di vuota
retorica ma è proprio grazie ad una certa ritualità che ancora oggi
i nostri cittadini uccisi settanta anni fa possono essere ricordati
con un nome che la violenza nazista non è riuscita a cancellare. I
luoghi degli eccidi, i campi di sterminio o più semplicemente le
cerimonie commemorative offrono, a chi sa comprenderle, quelle
emozioni utili per fornire anticorpi, anche emotivi, necessari ad
impedire il ritorno di avventure nefaste frutto spesso dell'oblio
della storia. Chiaramente non esistono soltanto cerimonie, bandiere,
gonfaloni, medaglie e sacrari: la memoria deve essere assistita
soprattutto con la conoscenza della storia e con la convinta
partecipazione a quei valori costituzionali, nati in anni difficili,
che sono alla base della nostra libertà e della nostra democrazia.
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