Con
l'avvicinarsi del 99° anniversario della vittoria nella Grande
Guerra il pensiero va soprattutto agli oltre 15 milioni di morti, fra
civili e militari, causati da questa e ai 651.000 soldati italiani
che non hanno fatto ritorno a casa.
Che
coglionata la guerra, scriveva Prévert nella poesia “Barbara”
alcuni anni fa, ma oltre ogni retorica e ogni buon sentimento occorre,
per rispetto a chi ha perso la vita sui campi di battaglia, lavorare
concretamente su inclusive politiche di pace capaci di abbattere
quelle frontiere che per secoli sono state bagnate con il sangue di milioni
di soldati.
Oggi,
rispetto ai primi anni del Novecento, esistono le Nazioni Unite e
stati tradizionalmente nemici fanno parte di una nuova importante
realtà: l'Europa.
Non
si è ancora concretizzata la creazione di un esercito europeo ma le
forze armate dei vari paesi hanno già iniziato forti
collaborazioni finalizzate soprattutto al mantenimento dei valori
della democrazia, della libertà e della pace.
Per
questo mi piace ricordare l'esperienza che ho vissuto con i miei
studenti e con i parà della Folgore nel cimitero di guerra austriaco
di Prosecco, vicino Trieste.
Insieme
alle istituzioni ed alle associazioni combattentistiche austriache i
nostri soldati hanno reso gli onori militari a chi nel 1917 ci
respingeva oltre il Piave dopo la disfatta di Caporetto.
Il
silenzio, suonato alla maniera austriaca, ha invitato a riflessioni
profonde sul significato di antichi momenti storici ma anche sulla
bellezza di una nuova Europa senza frontiere capace di trasformare
odi nazionalistici in concrete condivisioni di pace.
I
miei studenti hanno imparato dagli amici della Folgore che il primo
desiderio di pace e di contrarietà alla guerra sta proprio in chi in
eventuali guerre verrà impegnato in prima linea. Hanno imparato
anche il valore e l'importanza di un esercito efficiente e moderno a
servizio della libertà e della democrazia della nostra Nazione e a
protezione dell'umanità intera.